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Associazione di Volontariato

Riforma del terzo settore: una legge che indebolisce il volontariato

La nuova legge 106 del 6 giugno 2016 “Delega al Governo per la riforma del Terzo Settore” risponde sicuramente ad almeno due necessità:

a) quella di dare maggiore compattezza al terzo settore e accentuarne il peso economico nella società;

b) definire con più chiarezza e precisione l’identità di chi fa parte di questo settore, limitando gli abusi di quanti si fregiano del titolo di onlus, ricevendone molti benefici economici e di immagine, pur non possedendo i requisiti minimi per farne parte.

Si tratta di una legge-delega: occorrerà quindi prestare attenzione ai decreti che saranno emanati nei prossimi mesi per dare una valutazione più completa. Fin da ora si possono però indicare alcuni profondi limiti presenti nella legge che stridono soprattutto con la realtà dei gruppi e delle associazioni del volontariato.

Solidarietà o profitto?

La legge vuole mettere insieme realtà molto diverse tra loro, in alcuni casi addirittura opposte. Non si può non vedere quante tra imprese sociali, cooperative sociali, associazioni di promozione sociale non pratichino solidarietà o finalità civiche (articolo 1), bensì siano animate dalla ricerca del profitto e pratichino lo sfruttamento del personale lavorativo. I principi che reggono il volontariato quali la gratuità e la democrazia interna, che spesso fanno già fatica ad essere attuati all’interno delle associazioni di volontariato, sono veramente antitetici con larga parte degli enti del terzo settore. Il profitto è riconosciuto. Non ha quindi senso ad esempio creare organismi comuni quali il Consiglio nazionale del terzo settore. L’articolo 6 lascia intendere che dietro la parola “utili” altro non si intenda che il classico profitto.

Difendere il volontariato, la sua legge e i Centri di servizio

La legge nazionale sul volontariato (266/1991) non può essere svuotata nei suoi contenuti e non può essere stravolta dai decreti attuativi come pare di intuire: le Regioni devono conservare le proprie competenze che non possono essere tutte delegate al Ministero del Lavoro e Politiche sociali. Così pure i Centri di servizio per il volontariato non possono estendere le attività, come indica la nuova legge, a tutti gli enti iscritti al Registro del terzo settore. Sarebbe paradossale che realtà con bilanci economici assai rilevanti e incommensurabili rispetto alle associazioni di volontariato dovessero beneficiare degli stessi servizi. Soprattutto non può essere indebolita l’attività prioritaria dei Centri volta a qualificare e migliorare il volontariato.

Maggiori controlli per ottenere benefici

Una considerazione sul Registro del Terzo settore: è importante che venga stabilita una forma di revisione annuale a cui ciascun ente deve sottoporsi e assegnare questo compito di controllo alle Regioni. A questa revisione dovrebbe essere subordinato il diritto di accedere alle molte agevolazioni fiscali. Occorre togliere l’automatismo secondo cui chi accede al registro godrà di benefici a tempo indeterminato.

Cinque per mille

La legge si preoccupa giustamente che ci sia trasparenza su come vengono utilizzati i fondi da parte di chi riceve i fondi. Occorre però rivedere le categorie dei beneficiari: Comuni, Università e altri enti che già beneficiano di forme di tassazione dei cittadini non dovrebbero attingere a questo fondo; così pure occorre porre un tetto alla pubblicità che finisce per vantaggiare i più grandi a scapito dei più piccoli.

Queste sono solo alcune osservazioni da proporre per un dibattito tra i gruppi e le associazioni di volontariato e per far pervenire ai vari livelli legislativi e di governo le preoccupazioni dei seri rischi di un indebolimento delle caratteristiche del volontariato presenti in questa legge.

Prime adesioni: Vedrai…associazione di volontariato (Ovada); Associazione per la pace e la nonviolenza (Alessandria).

Per incontri o adesioni scrivere a: vedrai@vedrai.it